La porta del mago. La magia come via di liberazione
di Salvatore Brizzi mi è arrivato in un modo un po’ magico, da settimane avevo in mente di prenderlo dimenticandomi puntualmente di farlo. Una settimana fa mi è stato regalato in un momento in cui avevo proprio bisogno di leggere quello che c’è in queste pagine.
Ma andiamo con ordine.
Chi è Salvatore Brizzi?
Salvatore Brizzi è un personaggio particolare che già con le poche ore di suoi video che si possono trovare su youtube (vi consiglio “La Via dell’Adesso“, è attivo anche sul suo blog La Porta d’oro e su twitter) ti fa pensare “Questa persona sembra davvero presente ed entusiasta, vale la pena ascoltare cosa ha da dire”.
Appassionato di filosofia fin da giovane (si, ho fatto un pò di stalking in giro per internet) ad un certo punto inizia a guardare ad Oriente alla ricerca di domande e risposte che non fossero solo una palestra per il cervello ma una pratica quotidiana. Lì incontra le antiche scuole esoteriche ed il pensiero di Gurdjeff che invita l’uomo a risvegliarsi dal sonno in cui vive senza nemmeno accorgersene e a prendere in mano la sua vita.
Sonno, ricordo di sé e presenza.
La tesi con cui si apre questo libro è: dal momento in cui ci alziamo dal letto non ci svegliamo realmente ma rimaniamo addormentati in posizione verticale. Questa è l’antica e meravigliosa teoria che troviamo anche nei Veda, i libri della cultura e filosofia indiana, ma che in pochi sanno trasmettere in modo efficace. Il sonno è generato dall’identificazione con la personalità, con i giudizi, con il corpo, con emozioni. Fino a quando siamo identificati con essi dormiamo. Tutti quegli elementi, chiamati in modo efficace la “macchina biologica umana” lavorano secondo leggi di natura e quindi secondo schemi prestabiliti. La mente di cui facciamo un culto è uno strumento che è obbligato a farci preoccupare perché essa è quella funzione del nostro sistema che rappresenta l’istinto di sopravvivenza e dunque ricerca pericoli nel passato o nel futuro. La macchina biologica umana si preoccupa e giudica, escogita strategia di sopravvivenza analizzando il passato e proiettandole sul futuro, questa è la sua natura. E’ uno strumento importantissimo per la nostra sopravvivenza ma rimane tale: uno strumento da utilizzare nel momento del bisogno e non 24 ore su 24 poiché io ho una mente ma non sono la mia mente.
Chi sono io?
Brizzi affronta l’argomento in modo magistrale pur essendo un tema filosofico ed abbastanza sottile e delicato ma qui arriva in modo semplice ed immediato. La filosofia indiana dice: tu sei atman, tu sei ciò che è sempre presente in ogni stato e tale atman è pura felicità. Brizzi la chiama presenza o testimone: è esserci mentre fai qualsiasi cosa, ricordarti di te, passeggiare sapendo che stai passeggiando, mangiare sapendo che stai mangiando e via dicendo. Ogni volta che non sei presente il padrone di casa è la mente e quindi preoccupazione, angoscia e giudizio. Semplice?
Per niente. Ricordarsi di sé, il modo per allenare la presenza, è un vero e proprio lavoro. Nel libro vengono dati alcuni esercizi come quello del ricordarsi di sé ogni volta che si prova ad aprire una porta per un determinato periodo di tempo. All’inizio è difficile poiché si utilizza lo sforzo ma ci si rende presto conto che se è così difficile essere presente anche solamente mentre facciamo una cosa semplice come aprire una porta allora allora solitamente lo facciamo in modo automatico e forse questo può essere esteso ad ogni ambito della nostra vita. Si inizia a comprendere che realmente stiamo “dormendo in piedi” e nasce un naturale desiderio di risvegliarsi, di prendere in mano le redini della nostra vita e provare ad ampliare questo nuovo senso di libertà.
Nel libro poi tratta del giudizio, uno degli schemi meccanici della mente, di stile di vita e di pratiche per aiutare il ricordo di sé.
E’ un libro che consiglio a chiunque abbia voglia di staccare un po’ la spina dalla propria mente ma quello che mi preme forse di più è sottolineare l’atteggiamento che credo muova questa divulgazione.
Ho avuto la fortuna di incontrare all’inizio del mio percorso il Maestro Swami Ananda Chaitanya, Yogi che pratica realmente ciò che insegna, che si rifà e mette in pratica la grande tradizione dei Veda e che in conseguenza di ciò le sue parole ed i suoi insegnamenti hanno una forza particolare. Ogni parola è detta non a caso ed il suo obbiettivo è la crescita e la comprensione di chi ha di fronte. Ora trovo in Salvatore Brizzi lo stesso atteggiamento nel divulgare tali insegnamenti. Eppure sono in molti quelli che promuovono la conoscenza dei Veda e della crescita personale parlando a sproposito, senza un vero lavoro su di sé ma quasi per far sfoggio della propria cultura. Sono gli insegnanti che fanno leva sui sensi di colpa, che utilizzano termini incomprensibili e fuori luogo, che ti invitano a raggiungere “l’illuminazione” in fretta dandoti magari una formuletta magica senza avere a cuore che tu comprenda i meccanismi e le motivazioni per cui potrebbe funzionare. Il primo obbiettivo è che tu obbedisca ciecamente e non la vera comprensione.
Osservarsi e crescere è un lungo ed entusiasmante percorso, fidatevi del vostro istinto nel scegliere chi seguire ma soprattutto mettete tutto sotto un incessante esame nella vostra vita quotidiana. Se una cosa vi torna allora è quella giusta.