Satya: la verità secondo Patanjali

“Quando viene raggiunta l’onestà, la verità, i frutti delle azioni in modo naturale seguiranno la volontà dello Yogi” Patanjali – Yoga Sutra 2.36

Come sempre lo Yoga ci invita a comprendere e conoscere un concetto ed il nostro modo di agire più che praticare ciecamente una regola. In quest’ottica sarebbe infatti sterile tradurre Satya come non mentire senza nemmeno domandarci cosa ci spinge a mentire e che cos’è la verità.

Perché mentiamo a noi stessi o agli altri?

Il primo passo è indagare noi stessi. Cosa scatta in noi quando decidiamo di dire una bugia? Ci sono due tipi di bugie, quelle dette per non ferire chi abbiamo davanti (le bugie bianche) e quelle invece per non mettere in una posizione scomoda noi stessi. Parliamo di questo secondo tipo di bugie.

Quando mentiamo lo facciamo perché in qualche modo ci sentiamo insicuri. Giudichiamo noi stessi non all’altezza, giudichiamo sbagliato un nostro comportamento, pensiamo che chi abbiamo di fronte non possa comprendere. Insomma, dietro ad una bugia troviamo molta insicurezza e giudizio, preoccupazione per il futuro o insicurezza per il passato. Crediamo di risolvere una situazione mentendo, senza renderci conto che inneschiamo una spirale di sensi di colpa e di non accettazione che nella realtà dei fatti risolverà ben poco soprattutto nel nostro benessere.

Non siamo stanchi di stare male?

Che cos’è la verità?

Mi è sempre sembrata strana l’espressione “Sii te stessa”  perché facevo fatica a capire cosa potesse essere quel te stessa, quel vero sé di cui spesso si parla. Mi identificavo con i miei pensieri e la mia personalità quando ho capito che io non sono la mia mente o il mio corpo, i miei gusti etc dipendono dall’ambiente in cui mi è capitato di nascere e dalle esperienze avute. La mente è uno strumento che ha la funzione di preoccuparsi perché agisce per istinto di sopravvivenza. Così anche il corpo segue certe regole e così anche le emozioni. Finché mi identifico completamente con queste parti del mio essere che seguono alcune leggi meccaniche e predefinite non sono libero, non sono veramente Io. Sono succube della “macchina biologica umana”.

Se abbiamo ben chiaro che la mente è uno strumento, così come il corpo e le emozioni e iniziamo a trattarli come tali possiamo cominciare a capire cosa si intende per “Vero sé” e vera libertà.

La Bhagavad Gita (e qualcosa di simile fa anche Platone nel mito dell’auriga) rappresenta questo

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concetto nell’immagine del carro di battaglia:

Il carro è il corpo ed i cavalli le passioni, le emozioni.

Colui che conduce il carro è la mente, l’intelligenza.

Il padrone del carro però non è la mente, colui che conduce, bensì l’Anima, la nostra parte più spirituale.

Perseguire la Verità allora è rimanere nel vero sé, prendere le distanze dall’Ego, dalla mente e dal giudizio per avvicinarci sempre di più a noi stessi.

Satya: gioia ed espansione.

Dedicarci a noi stessi senza essere schiavi della mente o del corpo ci dona una leggerezza ed una gioia in ogni momento della nostra vita. Se non giudichiamo non sentiremo il peso del giudizio e potremo esprimerci liberamente senza sensi di colpa o bugie. Se prendiamo le distanze dalla nostra mente e dal nostro Ego possiamo affrontare qualsiasi difficoltà con un’immensa serenità di fondo. Come dice Patanjali ogni risultato delle azioni seguirà esattamente la nostra volontà.

Satya è accetta te stesso, prendi le distanze dal tuo ego e dalla tua personalità perché fino a quando ti immedesimi in essi non sei libero.

 

Cos’è 10 settimane di Sadhana? Sadhana in india significa disciplina spirituale ed indica l’insieme di quelle pratiche, studi e riti svolti con dedizione e regolarità per raggiungere Moksha: il riconoscimento della propria natura divina. La sadhana che viene qui praticata si ispira ai 10 yama e nyama di Patanjali, i divieti e le osservanze dello stile di vita yoga. Ogni settimana viene affrontato uno di questi temi cercando di portarlo anche fuori dalla sala di pratica ed utilizzando la nostra vita quotidiana come laboratorio.

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